Roberto Bombarda - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||||||||||||||
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Trento, 9 marzo 2009 Con deliberazione n. 104 del 26 gennaio 2009 la Giunta provinciale ha approvato il Regolamento sulle “Attribuzioni della Segreteria generale della Provincia, attribuzione e denominazioni dei dipartimenti nonché individuazione, denominazione e competenze dei servizi”. Il Regolamento sopprime, fra l'altro, una della quattro Soprintendenze istituite solo cinque anni fa, nel 2003, con la legge provinciale che ha riorganizzato l'intero settore dei beni culturali. La Soprintendenza eliminata (per accorpamento) è quella per i beni archeologici. Vale la pena far notare che le specifiche competenze di questa Sovrintendenza sono state riconfermate anche nella legge 15/2007, all'art. 24, approvata poco più di un anno fa. Le motivazioni a supporto di tale decisione appaiono generiche, discutibili e contraddittorie. Si fa riferimento ad imprecisate esigenze di adeguamento dell'assetto organizzativo provinciale al nuovo quadro politico di riferimento, ma il quadro politico uscito dalle elezioni di novembre è all'insegna della continuità (stesso presidente, stessa coalizione di partiti). Quanto all'entrata in vigore “a regime” della legge 3/2006 (Norme in materia di governo dell'autonomia) – la seconda motivazione addotta - vale la pena far notare che la legge 3/2006 non prevede in alcun modo il trasferimento alle Comunità di valle o ai Comuni delle competenze in materia di beni culturali. L'art. 8 lett. t) conserva all'esclusiva competenza della Provincia la tutela dei beni culturali, archeologici, artistici e museali. Del resto, considerata l'alta specializzazione che la materia richiede, smembrarne e decentrarne la gestione in mille rivoli finirebbe per compromettere la salvaguardia del patrimonio artistico, museale, librario. Peraltro qualche dubbio sulla legittimità della soppressione/accorpamento della soprintendenza ai beni archeologici con un semplice regolamento sussiste. La delega legislativa ad operare mediante regolamento, infatti, si riferisce all' organizzazione dei dipartimenti, dei servizi e degli uffici, ma non menziona in alcun modo le soprintendenze istituite con una legge apposita nell'ambito della riorganizzazione del settore dei beni culturali. Sul punto, dunque, il provvedimento potrebbe essere perfino illegittimo per violazione della riserva di legge. Ovviamente l'aspetto più inquietante riguarda le conseguenze politiche, organizzative, gestionali e gli indirizzi scientifici che ispireranno il lavoro futuro. Anzitutto viene meno una figura altamente specialistica (quella del dirigente esperto in materia di beni archeologici), prevista dagli ordinamenti di tutte le altre regioni italiane, nessuna delle quali, finora, ha seguito l'indirizzo trentino. Appare inoltre poco credibile che, dall'oggi al domani, per quanto capace ed esperto, chi si è occupato di patrimonio librario ed archivistico possa improvvisarsi esperto archeologo e museale. Vengono spontanee due domande: perché una riforma organica del settore, approvata appena cinque anni fa, viene improvvisamente smantellata in uno dei suoi punti cardine (l'interdisciplinarietà della gestione attraverso quattro specifiche strutture); voci malevoli riferiscono che le altre soprintendenze potrebbero durare fino al pensionamento dei rispettivi dirigenti. Non è mia abitudine fare “dietrologia”, ma il modo tutt'altro che trasparente in cui è maturata questa decisione ed il “balletto” dei dirigenti cui abbiamo assistito con l'insediamento della nuova Giunta autorizzano ad essere quantomeno un po' diffidenti sull'efficacia dei risultati. Secondo interrogativo: perché – essendo noto l'imminente pensionamento del dirigente preposto alla sovrintendenza per i beni archeologici - non si è programmato per tempo un concorso per assumere un sostituto? Ma, in termini più generali, la questione più allarmante riguarda la sottovalutazione verso la tutela del patrimonio storico, artistico, architettonico ed archivistico. Solo poche settimane fa ben quattro personalità riconosciute della cultura italiana hanno rassegnato le proprie dimissioni dal Consiglio nazionale dei beni Culturali per un profondo dissenso con le nuove direttive del governo in materia. Uno di costoro – Salvatore Settis – solo due mesi fa, su Il Sole 24 ore – un quotidiano che si occupa solitamente e prevalentemente di economia e finanza – ha sollevato alcuni interrogativi che appare opportuno riprendere, affinché possa aprirsi, anche sul “caso trentino”, un dibattito serio ed approfondito. Scrive Settis: ”Come mai quello dello storico dell'arte, del funzionario di sovrintendenza, dell'archeologo, non è più una professione rispettata, riconosciuta come tale? Non sarà colpa anche dei curricula, spesso giocati al ribasso nell'indifferenza generale, di troppi corsi di laurea in beni culturali? Non dipenderà anche dall'incapacità di troppi funzionari di rinnovarsi, di guardare anche alle esperienze, anche gestionali, di altri Paesi senza rinunciare alla ricchezza di quelle italiane? Non avrà a che fare col gioco perverso di una continua delegittimazione dall'alto delle sovrintendenze a cui troppo spesso si risponde non con proposte nuove, ma con sdegnati arroccamenti?”. In Trentino, a quanto pare, la “cura” è ancora drastica: soppressione. Tutto ciò premesso si interroga il Presidente della Giunta provinciale per sapere: ─ in base a quali considerazioni in diritto ritiene legittima la decisione della Giunta provinciale di sopprimere una delle quattro sovrintendenze, istituite con una apposita legge, benché tale potere non sembra essere stato conferito espressamente alla Giunta provinciale dalla legge 3/2006 ? ─ se in ogni caso non ritiene politicamente opportuno – anche alla luce delle osservazione sopra evidenziate (e che presumibilmente nei prossimi giorni verranno riprese anche da altri) che la decisione di sopprimere una delle quattro sovrintendenze sia sottoposta ad una valutazione più ampia da parte del Consiglio, intervenendo con una modifica della legge 1/2003, anziché con un regolamento della Giunta provinciale; ─ se non ritiene in ogni caso doveroso fornire al Consiglio una motivazione più articolata in merito alla decisione assunta, essendo evidente che il riferimento ad imprecisate “esigenze di adeguamento dell'assetto organizzativo provinciale al nuovo quadro politico di riferimento” è una affermazione di assoluta genericità che non vuol dire praticamente nulla e che appare perfino contraddittoria con un quadro politico sostanzialmente immutato, rispetto alla precedente legislatura (stesso Presidente, stessa coalizione e maggioranza politica); ─ se, in conclusione, non ritiene opportuno rivedere la decisione assunta e ritornare agli assetti previsti dalla legge 1/2003. Cons. Roberto Bombarda
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